Archivio mensile:febbraio 2010
fonti di energia e/o risparmio energetico
A cura di Andrea Formica
Prendento spunto da una lettera pubblicata sul Corriere, il “bar” virtuale del PD Parigi e’ stato teatro di una discussione interessante sul tema “Energia” che cerco qui di sintetizzare.
Hanno partecipato a questa discussione: PierPaolo Cazzola, Luca Saini, Emanuele Dolce, Stefano Zacchiroli, Andrea Formica , Barbara Revelli, GiovanBattista Patalano, Orazio Comisi
Riporto in primo luogo la lettera del Corriere.
Gent.Le lettore, uno dei grandi problemi del nucleare è proprio che
non regge dal punto di vista occupazionale. E’ un investimento capital-
intensive e non work-intensive come le cd grandi opere. Quindi i pochi
posti di lavoro creati hanno costi di investimento per singolo posto
di lavoro troppo alti. Inoltre il nucleare è anche antieconomico. Un
decimo di dollaro investito in risparmio energetico produce 10 (dieci)
volte l’energia prodotta dal medesimo investimento in nucleare (fonte
a. Lovins RM Institute) Quindi un suggerimento per il governo ce
l’avrei: Invece di spendere miliardi in centrali pronte tra vent’anni
per occupare pochi tecnici (francesi perloppiu’ ) e molti manvovali
perchè non spendete i soldi delle mie tasse per avviare un serio
programma DIFFUSO bastao su teconolgie di risparmio energetico? Non si
creano solo posti di lavoro qualificati, si crea un’economia che puo’
avere un futuro (Germania docet). Per inciso, secondo il libro bianco
della UE. il riparmio energetico ha potenziali altissimi in Italia (si
parla del 40% dei consumi elettrici) e si fa da oggi, invece il primo
kwh del nucleare-paleolitico che ci vogliono rifilare lo vedremo tra
20 anni e le 4 centrali progettate copriranno il 15 % dei consumi. Ma
di che stiamo parlando? Cordialmente
La discussione si e’ focalizzata sul tema del risparmio energetico. Nella lettera questo viene considerato una fonte di energia, per quanto ovviamente non lo sia in senso stretto.
ll risparmio energetico è comunque quasi equiparabile ad una fonte di energia, poiché permette di non sfruttare risorse, rendendole disponibili per il futuro (si veda la fig. 2.1 qui: http://www.iea.org/textbase/nppdf/free/2007/millennium.pdf)
In aggiunta, il risparmio energetico è associato alla concezione e manifattura di prodotti di alta qualità, e dunque anche – probabilmente (non ho dati sottomano) – all’impiego di persone in attività motivanti (ricerca, sviluppo, costruzione di oggetti all’avanguardia della tecnologia, per esempio), ed alla produzione di benefici per la competitività del sistema produttivo dell’intero paese (per via dello stimolo ad essere in anticipo su altri dal punto di vista tecnologico).
A favore del risparmio energetico si potrebbe anche sottolineare come, mentre l’energia elettrica prodotta dalle rinnovabili “costa” di piu’, e pertanto puo’ avere un impatto negativo sul sistema produttivo, per il risparmio energetico questo non vale.
Tuttavia alcuni commenti hanno sottolineato come “sorgente di confusione” la presenza nella lettera di un discorso a favore del risparmio energetico e a scapito del nucleare, poiche’ le due cose non stanno esattamente sullo stesso piano. Il risparmio energetico e’ una cosa su cui in ogni modo si dovra’ investire, indipendentemente dalla sorgente dell’energia che si vuole per l’appunto risparmiare. Sono stati citati esempi di fabbisogno energetico che non saranno certo compensati da investimenti solo sul piano del risparmio (Inghilterra).
Cercando di capire le potenzialita’ del risparmio energetico alcuni esempi pratici estratti da esperienze dirette lavorative hanno mostrato come le potenzialita’ del risparmio siano considerevoli, ma si scontrino per ora con le questioni economiche che non sempre favoriscono il risparmio nel breve termine. Se manca una volonta’ politica e’ difficile talvolta giustificare una spesa maggiore in nome
del risparmio energetico.
Sul tema sono stati inviati altri documenti nel corso della discussione: uno relativo alle possibili scelte energetiche per l’Italia, presentato come una lettera aperta al ministro Tremonti sul perché il
nucleare sia una scelta sbagliata, e firmato da varie persone di
provenienza universitaria.
I link :
- http://www.greenpeace.org/raw/content/international/press/reports/working-for-the-climate.pdf
- http://www.instituteforenergyresearch.org/wp-content/uploads/2009/03/morriss-green-jobs-myths.pdf
che contengono diatribe varie sul futuro energetico e la green economy.
Infine uno studio (2007) dell’Institut Montaigne (per la versione integrale: http://www.institutmontaigne.org/quelle-politique-de-l-energie-pour-l-ue-2545.html)
e:
- http://www.agienergia.it/Analisi.aspx?idd=113&id=68&ante=0
- http://www.agienergia.it/Intervista.aspx?idd=110&id=69&ante=0
che espongono alcune idee sull’energia idroelettrica in Italia.
M’illumino di meno
Chiusura Consolati: un commento sul caso Lille
ASSEMBLEA DEL COMITES DI LILLE SUL FUTURO DEL CONSOLATO
Sabato 6 febbraio si é svolto al consolato di Lille un incontro pubblico, organizzato dal Comites per le associazioni italiane delle regioni Nord e Picardie, al quale é intervenuto il Sen. Claudio Micheloni (PD-circoscrizione Europa). Argomento principale è stato ovviamente la riorganizzazione della rete consolare nel cui contesto é stata annunciata ad inizio luglio 2009 la prossima chiusura del consolato di Lille, una vicenda che é seguita da vicino anche dalle testate giornalistiche locali.
Il presidente del Comites di Lille, Bruno de Santis, ha fatto un breve resoconto ai numerosi rappresentanti associativi presenti delle iniziative seguite a questo annuncio che tocca da vicino circa 35000 nostri connazionali che fanno riferimento a questo consolato. Dopo prima manifestazione di fronte al consolato nel luglio 2009, una successiva raccolta di firme per una petizione contro la chiusura del consolato ha coinvolto anche numerosi consiglieri municipali e sindaci, di piccoli paesi come di citta’ quali Lille e Dunkerque, i quali hanno anche sollecitato le autorità francesi ad intervenire per evitare la fine di una presenza ufficiale dell’Italia in questa regione (la quarta della Francia per importanza economica e culturale) che dura da oltre un secolo.
Le risposte delle autorità italiane date finora al Comites ed agli altri rappresentanti ufficiali dell’emigrazione a Roma sono state insufficienti, se non contraddittorie, riguardo sia ai motivi della chiusura sia alle misure previste per limitare gli evidenti disagi. Come spiegato dal Sen. Micheloni, questa reazione istituzionale é simile a quella osservata per altri consolati oggetto di una riorganizzazione che è motivata non tanto da ragioni economiche, che sono contestabili cifre alla mano, quanto piuttosto dagli interessi politici e di carriera che girano attorno alla rete consolare. Al Senato anche i rappresentanti della maggioranza hanno riconosciuto recentemente il problema, approvando una mozione dell’opposizione per bloccare questo piano. La questione ritornerà in discussione al parlamento nelle prossime settimane, ma la data di luglio 2011 viene ancora indicata dal Ministero degli Esteri per la chiusura del consolato di Lille.
Il Sen. Micheloni ha confermato il sostegno del PD a questa mobilitazione, comune anche ad altre sedi consolari per spingere il governo italiano a fornire misure concrete alla necessità che, come i diversi interventi del pubblico hanno evidenziato, riguardano sia i servizi per la comunità italiana locala sia la promozione dell’economia e della cultura italiana all’estero. Chiudendo l’assemblea, il Sen. Micheloni ha confermato che l’opposizione parlamentare continuerà a combattere questa battaglia ma ha comunque invitato a mantenere la pressione sulle autorità italiane e francesi per mantenere a Lille un servizio consolare adeguato. Per questo, oltre alla petizione che ha già ricevuto 8000 firme, una nuova manifestazione é prevista per martedi 16 febbraio alle ore 10 davanti al consolato di Lille (2, rue d’Isly; metro Cormontaigne).
Luca Falciola (PD-Lille)
Démocratie en danger: tema di tutti
Grazie al MeetUp di Parigi e all’associazione Newropeans, sabato 6 febbraio si é svolto nel dodicesimo arrondissement un incontro con Beppe Grillo e Marco Travaglio dal titolo « La Démocratie en danger ».
Un successo, sia per numero di presenti (almeno 500 persone), sia per il calore riservato all’accoglienza di Grillo e Travaglio.
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Per quanto riguarda i contenuti non é stato detto niente che non si sappia già seguendo i blog di Grillo e leggendo il Fatto o guardando Annozero.
Come al solito di Grillo ti godi la veemenza e ti fai un sacco di risate, con Travaglio apprezzi la lucidità dell’esposizione. Dopo entrambi gli interventi ti metti le mani nei capelli per lo stato terribile in cui versa la … democrazia?… nel nostro paese.
E ti chiedi se in un paese normale, effettivamente, ci sarebbe cosi’ bisogno di loro due. Uno farebbe il comico, l’altro sarebbe un giornalista scupoloso tra i tanti.
Riguardo tutto il resto che non siano i contenuti…
I pregiudizi tipici verso Grillo sono due:
1. che con i toni accesi soffoca i contenuti
2. che si lamenta dei politici, ma poi agisce da capopopolo senza prendersi le responsabilità di esserlo.
1. Rispetto ai toni : certo ha giudizi molto tranchant, ma questo fa la forza del suo stile.
Purtroppo la preminenza della retorica ogni tanto gli fa perdere il bandolo della matassa, e questo, se lo ricollochi nella categoria giullare glielo perdoni, se é nella categoria uomo politico (anche “suo malgrado”) glielo perdoni meno.
Un esempio di sabato: “l’Europa si é fermata con Delors e bisogna tornare alle sue origini, perché ora son solo funzionari che riempiono cartelline e non sanno per cosa lavorano.” Immagine sicuramente avvincente e probabilmente vicina alla realtà per molti, ma, d’accordo, Prodi non ti sta simpatico, ma senza Euro e Allargamento certo non avresti l’Europa di ora (e le lire italiane varrebbero come la pizza di fango del Camerun). Nonché, se sei onesto e hai un po’ studiato, sai che l’origine dell’Europa sono scambi commerciali, mica diritti per tutti i cittadini. Poi c’erano e ci sono dei sognatori che costruiscono un altro tipo di Europa, pian piano.
Pero’ il messaggio aleggiante quale resta ? Che “l’Europa” (quale Europa? quando é esistita? nell’Arcadia?) sia affossata.
E l’idea che va tutto male, ma che per fortuna ci sono gli eroi come lui, i “buoni” contrapposti ai “cattivi”, che vegliano su noi poveri pecoroni.
Ecco, questo é un po’ il punto cruciale per cui Grillo non ci convince, anche se molti dei suoi temi e argomenti sono anche i nostri. E questa riflessione permette il passaggio al secondo punto (2), per cui il pregiudizio é mitigato dalla constatazione che i Meetup hanno mandato dei giovani in diversi consigli comunali. Si danno da fare e questo é molto buono.
Ma resta che se vuoi portare avanti un’azione politica, la citata questione della raccolta delle firme (per i referendum contro l’ordine dei giornalisti, i contributi statali alla stampa e sulla legge elettorale) non la lasci a metà, nel Partito Democratico non vai ad candidarti segretario a data scaduta…
Detto questo, abbiamo molte cose da imparare dal suo modo di mescolare teatro e politica e arringare le folle.
Tutto quello che tocca Grillo diventa un tema di Grillo. Ma la banda larga, l’energia, la giustizia…. sono temi di Beppe Grillo? Dov’é il copyright? E allora perché lui riesce ad accaparrarseli e noi no? Perché a Bersani non riesci a riconoscere la paternità di un’idea e Beppe Grillo sembra che abbia inventato tutto lui?
Questa si chiama tecnica retorica, e a lui riesce proprio bene.
Ma finisce li’. Hanno delle qualita’ indiscutibili, e Grillo e Travaglio, ma il meglio sarebbe che fossero organici ad un rassemblamento composto di tante altre cose, di persone coese che fanno squadra sul territorio, di candidati che siano incensurati, ma abbiano anche delle vere esperienze.
Ma nell’attesa di un paese normale sono come le caramelle Dufour: non bastano, ma aiutano.
MCP
Per una tassonomia del disprezzo delle donne in TV
Per chi ha visto il documentario, e per chi non lo ha visto consiglio di farlo per provare un sano senso di rabbia, vergogna, indignazione, Il corpo delle donne è anche un blog continuamente aggiornato di “chicche” sul rispetto che la società e lo stato italiano (che paga gli stipendi RAI, valida con svariate commissioni i suoi dirigenti e programmi) portano alle donne che non portano il burqa.
Ecco qualche esempio tratto dal monitoraggio svolto nel 2009 sulla TV italiana.
Per una tassonomia del velo
Le Monde pubblicava alcuni mesi fa una sorta di tassonomia del velo islamico (per sapere di cosa si parla quando si condanna il burqa è utile). La ripropongo su questo blog, insieme a reportage di Repubblica su ‘Io dentro il burqa per le strade di Milano‘. E insieme ad un articolo apparso il 24 gennaio sul Sunday Times che descrive in dettagli l’atteggiamento British (“live and let live”) verso il burqa nel mentre che discute le ragioni del rappresentante dell’UKIP per schierarsi per la proibizione del burqa.
Per tenersi informati.
Elena Pasquinelli
The Taliban would applaud
Continua la discussione sull’opportunità di proibire il velo integrale, offesa indiscutibile alla dignità delle donne (o meglio: segno indiscutibile di una dignità offesa, di un’immagine deleteria della donna).
Vorrei introdurre nell’argomentario la reazione degli Stati Uniti, o almeno di una testata importante: il New York Times. Cito:
Il velo, il burqa, il niqab in Francia
In seguito agli ultimi post di questo blog, e alla discussione nata all’interno del PD Parigi, pare importante creare una più ampia base documentaria sulla “questione burqa” (e velo), che ci permetta di capire e agire nell’interesse del rispetto donne e dell’integrazione delle persone che migrano verso la Francia, come verso l’Italia. Due argomenti chiave della definizione di un partito democratico e progressista.
In qualità di PD Parigi ci sentiamo sollecitati due volte da queste questioni: in quanto cittadini francesi confrontati alle politiche della destra del presidente Sarkozy – che dell’identità nazionale e non dell’integrazione fa il vessillo di ogni campagna elettorale; e in quanto cittadini italiani, recentemente richiamati dalla Ministro Carfagna a guardare alle politiche francesi sul burqa come ad un esempio da seguire.
Un po’ di storia (a ritroso) per fare il punto sulla situazione:
Coi veli e senza veli
Mi pare che il Pd Parigi, in generale Francia, sia chiamato in causa direttamente da questo asse di riflesisone franco-italiano surlle donne e il burqua