Puntualmente, in occasione di primarie il cui esito non sia quello previsto, ricominciano le discussioni da parte dei “perdenti” circa la validità di questo strumento, che parte dal basso, di partecipazione e di selezione di candidature. Nel caso di Milano si è giunti persino alla remissione dei mandati di cariche di partito a sottolineatura dell’esito infausto. Eppure lo spirito delle primarie dovrebbe essere proprio quello di stimolare e favorire la competizione fra candidature il cui esito finale non sia necessariamente scontato evitando di chiamare migliaia di persone a ratificare decisioni già prese. Le primarie sono state e lo rimangono ancora uno degli elementi costituitivi e distintivi del Partito Democratico nel panorama politico Italiano. Tuttavia è verosimile che lo strumento necessiti di una “aggiustatina” nel senso di rafforzarne lo spirito e di lenirne gli effetti indesiderati.
Uno dei nodi attualmente irrisolti nell’istituto delle primarie è il non bilanciamento fra la necessità di favorire una molteplicità più marcata delle candidature e quella di garantirne un esito più rappresentativo delle volontà degli elettori e legittimante del candidato vincitore.
Nel caso di primarie di coalizione ad esempio le condizioni di candidabilità espresse nello statuto del partito democratico, per candidati iscritti, sono fortemente limitative al punto tale da causare una disparità di condizioni fra candidati del PD e di altri, magari non appartenenti ad alcun partito. E’ di questo tenore un recente articolo scritto per il “Corriere di Bologna” dal politologo Gianfranco Pasquino. Dal lato opposto una molteplicità numerosa di candidature rischia di produrre un esito della competizione poco rappresentativo nel caso in cui nessun candidato raggiunga una maggioranza ben delineata. Soluzioni che cercano di equilibrare questo sbilanciamento non mancano.
Qualche mese fa l’Istituto De Gasperi ha proposto un percorso di selezione delle candidature per le primarie di Bologna che avvenisse in più tornate su diversi quartieri della città. Un metodo che richiama, su scala ridotta, il medesimo per le presidenziali Americane. Dello stesso tenore e con medesime soluzioni proposte è la discussione in Francia per la selezione da parte del Partito Socialista del candidato alle prossime presidenziali che avverranno tramite primarie. Naturalmente, non potrà mancare in questo paese, dopo un percorso di selezione progressivo, il classico ballottaggio finale. Ma altre soluzioni, applicabili anche alle primarie, possono essere raccolte dalla cultura pragmatica Anglosassone. Una di queste è il metodo del Instant-Runoff Voting. Si tratta di un meccanismo che consente di eleggere a maggioranza assoluta un vincitore scelto fra una molteplicità di candidature in un solo turno di votazione. Questo metodo è da tempo usato nelle elezioni politiche Australiane ed è stato anche quello usato per eleggere il segretario del Labour Inglese nelle recenti elezioni. Ispirato a questo metodo è anche la recente proposta di legge di riforma elettorale firmata da Ichino per le elezioni politiche di Camera e Senato Italiano.
Agli albori del secondo decennio del XXI secolo forse è il momento di riaffermare che non lo spettro ma uno spirito si aggira per l’Europa: quello delle primarie.
(Luca)