Qualche annotazione sull’incontro di lunedì scorso ( 12 settembre) sul referendum costituzionale, organizzato dal nostro circolo. All’Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne.
Innanzitutto: grazie. Grazie a Isabel Violante che ci ha permesso di avere questo spazio magnifico, a Sandro Gozi (sottosegretario alla presidenza del consiglio), a Massimiliano Picciani segretario del nostro circolo, a Viola Ridolfi, a Laurence Riché e tutti quelli che assieme a loro hanno partecipato all’organizzazione dell’incontro.
Grazie a tutti quelli che sono venuti.
Eravamo in tanti (più di sessanta) e tanta la voglia di saperne di più, di provare a capire.
Ci siamo incontrati per parlare della riforma, del referendum che si avvicina, per ascoltare le ragioni del sì, portate da Sandro Gozi, e discuterne con lui. Laicamente, liberamente, criticamente. Cosa prevede la riforma? Cosa si propone? Come funzionerà la democrazia se sarà approvata? Ecco alcuni (solo alcuni) dei temi emersi nella discussione:
– La “qualità” legislativa, più che la “rapidità”. Sandro Gozi ha insistito sul fatto che la riforma dovrebbe produrre un benefico effetto proprio sulla “qualità” delle leggi, non tanto sulla “rapidità” (la riforma è tacciata da qualcuno di essere animata da uno spirito un po’ “produttivistico”). Nel sistema attuale, le leggi finali sono spesso il risultato di estenuanti negoziazioni, prodotte e incoraggiate dal bicameralismo perfetto e dai noti problemi nel “trovare una maggioranza” (anche se questo, ovviamente, è un punto che riguarda la legge elettorale più che la riforma costituzionale). È stato chiesto un esempio di legge la cui qualità sia stata “degradata” dalla pesantezza del processo attuale, e su questo Gozi ha avuto gioco facile nel rispondere: le unioni civili. Qualunque sia il giudizio sulla legge, certo essa è uscita ridimensionata rispetto alle ambizioni iniziali, e non tanto per risultato di un dibattito, quanto per effetto di alchimie politiche.
– Il Senato. Diventa un organo rappresentativo delle autonomie regionali (da cui il nome: “senato delle regioni”), composto da 100 senatori (invece di 315), di cui 95 scelti dai consigli regionali (più 5 nominati dal Presidente della Repubblica, ma in carica per 7 anni e non più a vita). Visto che la riforma si propone di superare le ambiguità e le sovrapposizioni tra governo e regioni, separandone le rispettive competenze, serve davvero un “senato delle regioni”? E nella pratica come saranno scelti, i senatori? Non era meglio abolirlo del tutto? La risposta di Gozi è che la riforma attuale è “anche” un punto di equilibro tra le forze parlamentari, e che “oggettivamente” (lo aggiungo io con lessico un po’ leninista) non c’era in parlamento una maggioranza disposta ad abolirlo del tutto, il senato. (Il che non è poi sorprendente, e fa pensare a quell’espressione idiomatica inglese: like turkeys voting for Christmas. Insomma, è un casino trovare tacchini che votano per il mangiar tacchino a Natale).
– I “costi della politica”. La riforma ne produrrà una riduzione. Il che è una buona cosa, ma non lo scopo della riforma. Nessuna “concorrenza” a istanze populiste e pulsioni anti – politiche. Diciamo che è un “effetto secondario” positivo.
– La riforma, soprattutto in “combinato disposto” (brutta espressione, secondo me) con la nuova legge elettorale, concentra più potere nelle mani del primo ministro, del partito di cui è espressione e del governo in genere. Cosa succede se questo potere finisce nelle “mani sbagliate”? E sappiamo che in Italia,di “mani sbagliate” ce ne sono sempre. Gli esempi non mancano. Gozi replica però che la riforma non altera il sistema complessivo di garanzie, che il ruolo del Presidente della Repubblica resta forte (la riforma proposta, poi bocciata, del governo Berlusconi dava al primo ministro la possibilità di sciogliere le camere), che il primo ministro non ha neppure la possibilità di “licenziare” i suoi ministri (cosa peraltro su cui, secondo Gozi, si potrebbe discutere e riflettere).
– Siamo attualmente in un sistema “tripolare”, con PD, M5S e centro-destra che hanno pesi elettorali se non equivalenti, certo paragonabili. Potremmo dire che più dei due terzi del sistema politico (M5S + centrodestra+ un “pezzo” di sinistra) si annunciano contrari: se la matematica non è un’opinione, come fa il sì a vincere? Domanda giusta, ma certo l’aritmetica politica non sempre restituisce la complessità dello scenario reale. E in politica la matematica è spesso un’opinione. Intanto bisogna vedere dove si concentrerà l’astensione, in un referendum che essendo confermativo non richiede il “quorum”; e poi una parte dell’elettorato “pentastellato” e di quello di centrodestra, almeno sulla carta, dovrebbero poter essere sensibili ai temi della riforma (modernizzazione, semplificazione, riduzione dei costi). La “personalizzazione” del referendum è stata un errore, dice Gozi, ora si cerca di riportare la discussione sul merito e questo potrebbe sparigliare le carte rispetto alla logica degli schieramenti.
– Decretazione d’urgenza: una delle obiezioni mosse alla riforma è quello di sminuire il ruolo del parlamento, in ragione dei molti strumenti dati al governo (fiducia, decreti, etc.). Secondo Gozi, in realtà dovrebbe avvenire proprio il contrario. Tutti i governi (almeno quelli che hanno provato a fare qualcosa) hanno in un certo senso “dovuto” fare ricorso a strumenti di decretazione d’urgenza proprio per sottrarsi alle “sabbie mobili” delle maggioranze fragili e del bicameralismo. Un processo più snello dovrebbe quindi ridurre intrinsecamente la necessità di fare ricorso a questi accorgimenti.
– elezione del Presidente della Repubblica: si alza la maggioranza richiesta, si riuscirà a trovarla, visto che già con le regole attuali spesso rappresenta un problema? (Gli esempi non mancano). Certo dipende anche dalla legge elettorale. Ma è un punto interessante.
Sono solo alcuni esempi dei temi discussi. Paolo (Sartini), ad esempio, presente e autore di un bell’intervento, potrà certo ricordarcene altri. E così le altre persone presenti.
In maggioranza, direi,la platea era composta da persone tendenzialmente favorevoli alla riforma, ma non per questo meno interessate a discuterne in modo franco.
In tutta la serata non ho sentito neppure uno slogan, una frase fatta, una contrapposizione tra “noi” e”voi”, un “W il sì” o “W il no” buttato lì come si fa allo stadio, nessuno ha accusato gli altri di essere “fascisti”, “stalinisti”, “servi dei poteri forti”, nessuno ha parlato di ” dittatura” o “fine della democrazia” o cose del genere per squalificare l’altro da sé, renderlo un mostro (il che è più facile e comodo, lo so bene, che informarsi, spiegare e argomentare).
È bello discutere del merito delle cose, cercare di saperne di più, mettere alla prova le proprie opinioni, essere pronti a cambiarle. Non sempre è così.
Grazie ancora a tutti quelli che c’erano. E che mostrano come sia ancora possibile parlare, discutere, senza “divorarsi”. Da qui al giorno del referendum avremo molti altri appuntamenti, Massimilano nel suo ultimo messaggio ne ha ricordato il calendario. E la possibilità di ascoltare voci diverse.
Non perdiamoci di vista 😉
