… quando erroneamente (il Sottosegretario) le definisce (CGIE e Comites) “strutture antiche che non rappresentano più niente”, quando invece sono le più vicine alla gente (poi chiaramente ci sono quelle che funzionano bene e quelle che non funzionano, come i nostri consigli comunali che non brillano tutti per efficienza).
Tutto questo non è affatto convincente.
Io trovo che un documento di questo tipo dovrebbe dire chiaramente:
A. che almeno nell’ambito europeo si deve votare per lo stato in cui si risiede, e che siamo d’accordo che nell’interim si cerchi di fare in modo che comunque le persone possano esprimere almeno UN voto, ma che é un percorso temporaneo // e magari si danno due indizi precisi sulle discussioni a questo proposito portate avanti in Europa. (e non sarebbe neanche male dire che occorre alleggerire consolati e ambasciate italiane in Europa, by the way).
B. che si dica che alle Europee si vota SOLAMENTE per i candidati del paese di residenza, come punto di transizione A. e per evitare ancora cio’ che é capitato a me, vale a dire seggi con matite copiative che si cancellano, e schede che non si controllano sul posto ma vengono spedite in Italia(diversamente dalle elezioni politiche).
I due o tre consigli presenti nel documento su come migliorare il voto sono giusti, soprattutto validi per l’Australia, il Canada, l’America Latina, diciamo che sono cose di buon senso, legate alle inefficienze attuali, ma non sono certo una visione politica.
Quanto a Comites e CGIE, sarebbe più sano che a “difendersi” fossero loro pubblicizzando best practices e manifestando pubblicamente questa “vicinanza alla gggente” di cui E. Marino parla.
Siam d’accordo che rimandare delle elezioni democratiche (quelle per i Comites) é un ricatto, ma solo perché una decisione netta non siamo in grado di prenderla subito.
E poi nessuno é ancora stato in grado di spiegarmi questa cosa pelosa della distinzione tra associazionismo e politica.
Se i Comites devono esprimere le associazioni presenti nel territorio e I PARTITI ne sono esclusi, allora avrebbe senso che gestissero dei fondi per progetti culturali all’estero e fossero chesso’ affiliati agli istituti di cultura.
Il passaggio che fa totalmente acqua é che, a fronte del sistema elettorale attuale, con candidati espressi da movimenti e partiti politici e votati in libere elezioni, resti il passaggio tra i Comites -> CGIE, cioé tra rappresentanti delle associazioni che diventano rappresentanti di un organo ibrido che serve unicamente come trampolino di lancio per (e si torna al punto di prima) i candidati alle elezioni.
In nessun punto del documento questo passaggio, che é secondo me quello chiave, viene trattato.
La ragione di questo é evidente, é che nessuno, in un territorio cosi’ ampio, avrebbe la possibilità di farsi conoscere e votare con una campagna territoriale, e Comites e CGIE, dando un pochino di rete e di possibilità di farsi conoscere, attenuano questa difficoltà.
Ma non sarebbe più sensato analizzare questa criticità e risolverla (con fondi specifici per la campagna elettorale o con un ruolo più attivo dei consolati, che potrebbero chesso’ dare una pagina del sito o spedire i programmi di tutti i candidati) piuttosto che tenere in piedi un’organo inutile e palesemente distorto rispetto ai suoi fini?
Le premesse ad un serio lavoro sul voto all’estero, secondo me, dovrebbero essere tre: 1. spingere perché l’Europa abbia una sua cittadinanza 2. rivedere le regole di attribuzione della cittadinanza (che un trisavolo italiano permetta ad un argentino di condizionare la politica italiana mi sembra un po’ esagerato) 3. correggere il tiro rispetto agli abusi più evidenti -quindi stampa in Italia delle schede e preferenza per seggi in consolato, con rischiesta di opzione per il voto per corrispondenza-
Per me soppressione del CGIE e riforma dei Comites per farne dei limpidi organi di promozione dell’associazionismo italiano all’estero, sono una cosa evidente. Per voi?