Una parabola laica (Elena Pasquinelli)

Un uomo va dal legislatore e gli dice: senta per me la vita è un dono di cui io non posso disporre, un qualcosa di molto superiore alla piccolezza della mia condizione umana; sono preoccupato perché il giorno in cui la mia capacità di esercitare la mia volontà e anche la mia coscienza venissero a mancare, ovrrei veder rispettata questa mia profonda convinzione. Che la vita non è mia e non ne posso decidere, essa mi sarà tolta o data da Colui che questa vita regge.

Il legislatore pone delle domande: mi scusi ma se la sua vita è indisponibile, noi cosa possiamo fare per aiutarla? Cosa preferisce che facciamo nel caso di una malattia grave: non vuole essere curato, perché la sua vita dipende dal suo Dio?

Allora il cittadino risponde: non l’avevo pensata cosi’, no io intendevo piuttosto: continuate a curarmi e a tenermi in vita il più possibile, anche se alcuni medici mi ritengono morto.

E il legislatore: Si, ma aspetti, se la ritengono morto che facciamo la teniamo in ospedale per sempre?

Il cittadino: No, no, certo, a un certo punto sono morto.

Il legislatore: Si, ma a quale punto?

Il cittadino: Non so, diciamo quando il cervello è tutto morto; quando neanche i centri vegetativi sono più capaci di farmi respirare. Va bene?

Il legislatore, colto: Se va bene a lei, noi siamo qui per servirla. Ma mi pare un po’ strano, che crede all’anima vegetativa? No perché Aristotele, …

Il cittadino, spazientendosi: Guardi, le dico tutto il cervello, per favore. E’ importante per me.

Il legislatore, uomo giusto, decide di accontentare il cittadino che lo ha sollecitato e prepara una legge.

Senonché, un secondo cittadino si presenta alle porte della legge. E siccome è rumoroso, viene lasciato entrare.

Secondo cittadino: Signor legislatore, sono preoccupato. Penso alla morte e alla malattia, guardi, io sono una persona semplice, non voglio essere tenuto attaccato a delle macchine inutilmente, si usino i miei organi, e si liberino i miei familiari dallo strazio di sapermi morto ma di vedermi su un letto a marcire pian piano; le dico di più: a me la sofferenza fa orrore…se dovessi soffrire mi piacerebbe che qualcuno mi aiutasse …

Il legislatore, turbato : capisco, certo…son cose…angoscianti…la morte…Ma lei sarà aiutato a combattere il dolore, glielo assicuro.

Secondo cittadino: Si, ci credo, grazie. Ma immagini una malattia devastante. Si sa che le terapie del dolore.. E poi perché ridursi a una larva, no guardi, io preferisco morire sereno. Io, se sono in tempo, mi butto dalla finestra. Ma se poi non mi funzionano le gambe, che faccio?

Il legislatore: Eh, è un problema, che fa? Si spara?

Secondo cittadino: E se non funzionano le mani? Io ho moglie e figli, ma come faccio a chiedere a uno di loro di spararmi, se ne rende conto della responabilità? Del dolore? No, via, mi aiuti lei

Il legislatore: E che devo fare, le sparo io?

Secondo cittadino: Ma no, ma delle medicine, una persona che mi aiuti ad andarmene con serenità, non si potrebbe avere eventualmente io non lo potessi fare da solo? In fondo, ci pensi: dov’èè la differenza? Se ho le forze mi suicido, se non ce le ho mi faccio gentilmente suicidare da una persona buona.

Il legislatore: E chi me lo garantisce che un parente ghiotto non la fa fuori per comodità?

Secondo cittadino: Mah, facciamo cosi’: io tutte queste cose le scrivo; se mai (speriamo di no) diventassero necessarie, lei lo sa che si tratta di suicidio, solo che qualcuno mi presta la mano o le gambe, eh?

Il legislatore: Guardi, ci penso, lei non sa quante richieste…

Il legislatore ci pensa. Che fare? Uno che ti chiede di essere tenuto in vita anche contro natura (strana posizione per uno che dice che la vita non è sua, ma d’altra parte, ognuno i paletti li mette dove vuole tra la vita e la morte). Un altro che invece, zac, vuole morire. Aspetta un po’…

Il legislatore prende il telefono e chiama il secondo cittadino: Secondo cittadino, mi è venuta in mente una cosa. Guardi che la via non è sua, è di Dio.

Secondo cittadino: E a lei chi glielo ha detto?

Il legislatore: Un altro cittadino.

Secondo cittadino: Eh, ma lui crede in Dio allora. Io no. Stia tranquillo, per me la vita è mia, e come dicevano le femministe dell’utero: me la gestisco io. Risolto? A posto? Buonanotte

Il legislatore pero’ non dorme: la vita è loro o no? Dio esiste? E se esiste cosa pensa della vita? Finisce col cervello, col cuore, coi polmoni? Una volta uno era morto quando non respirava, il cuore non batteva. ora si attacca alle macchine… Ma allora la vita è relativa alle tecnologie a disposizione? Ma via, non è possibile.. Si ma se lo dice la Chiesa lo sapranno meglio loro, no? Ma io che devo fare qui, per fare una legge, devo decidere se c’è Dio e cosa vuole da noi? Ma per chi mi hanno preso?

E nell’insonnia della notte: un’idea gli balena nel cervello. Che aveva detto il secondo cittadino? Lo scrivo, metto per iscritto… Ma certo. Il testamento. Che decidano loro, ma che mi devono mettere in mezzo a me? Se lo decidano loro se Dio c’è e se c’è cosa vuole. Oh, ma io che c’entro coi problemi loro? Io son qui per aiutare, mica mi possono sobbarcare di pensieri su pensieri. E io li aiuto, to’. Ognuno fa il suo testamento,  e sceglie come vuol essere trattato, cosi’ non si fa torto a nessuno e tutti son contenti. Se uno vuol essere tenuto attaccato alle macchine, io pago. E che, i cittadini prima di tutto. E se qualcuno si azzarda a staccarlo, ci penso io. Mica si puo’ fare tutti come dice il secondo, eh? Oh, mica posso suicidare tutti i sofferenti per renderli la vita più dignitosa e la morte serena. Ma ci mancherebbe. Eh no, caro secondo cittadino, io chi vuole lo tengo di molto in vita, o quello che è. Quello che è tanto non sono affari miei. Pero’, e che non si dica che non sono giusto, al Secondo pure gli permetto di scegliere: vuole morire, che muoia. Io che ci devo fare. la scelta è sua, ha detto che in Dio non ci crede, si pigli le sue responsabilità.

Il legislatore, sollevato scrive una legge secondo la quale ogni cittadino ha diritto di scegliere secondo sua volontà qual è il limite di accettabilità della propria vita, e mette in campo tutti i mezzi per renderlo felice. Ha fatto contento il primo cittadino, e anche il secondo. Ha rispettato le loro volontà. E’ un buon legislatore.

Un pensiero su “Una parabola laica (Elena Pasquinelli)

  1. Una delle grandi lezioni del XX secolo è quella di Isaiah Berlin: la vita sociale comincia laddove ci si rende conto che le persone hanno opinioni diverse e inconciliabili. Posso discutere con chi mi oppone la voce della sua coscienza? Se posso, inizieremo un percorso che non dev’essere necessariamente condivisione. Ma in che misura lui o lei accetterà il fatto che la mia coscienza mi chiama a scelte diverse?
    Roberto Casati

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