Affare Battisti, che vergogna.

Non so come la pensate voi, so che qualcuno considera che si stia dando e apposta troppa attenzione a Battisti, ma, stando in Francia, io trovo la questione grave, e il personaggio disgustoso.
Se avete coraggio leggete quello che dichiara l’assassino di persone normali che, come tanti altri imbecilli, in quegli anni si sentiva un eroe della rivoluzione
http://www.repubblica.it/esteri/2011/01/22/news/battisti_torna_a_parlare_lula_ha_avuto_coraggio-11520137/?ref=HREC1-4

Per memoria ecco le sue vittime, tra le quali non risulta nessun grande capitalista o stragista di stato (il che non costitutirebbe comunque una giustificazione neanche immaginabile per l’omicidio; solo, rendiamoci conto della pochezza dell’uomo Battisti: un assassino di gente comune, se non un assassino comune – gli assassini comuni finiscono in galera):
Andrea Santoro fu il primo a cadere sotto i colpi dei Pac. A 52 anni viveva una vita tranquilla con la moglie e i tre figli, a Udine, dove comandava con il grado di maresciallo il carcere di via Spalato. Il 6 giugno del ’78, quando lo uccisero, non era ancora passato un mese dal ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani e l’Italia era ancora sotto choc. Lo attesero sotto il carcere e quando arrivò lo freddarono con una pistola militare. A sparare, secondo gli inquirenti furono proprio Battisti e una complice, con la quale si scambiò false carezze fino al momento di colpire.
Il 16 febbraio la prima, duplice azione: a Milano fu ucciso il gioielliere Pierluigi Torregiani; a Mestre il macellaio Lino Sabbadin. Nella rivendicazione fu scritto che «era stata posta fine» alla loro «squallida esistenza». Il gioielliere e il macellaio avevano in comune una cosa: spararono e uccisero un rapinatore. E per questo furono puniti; una vendetta insomma. Torregiani fu ammazzato poco prima delle 16, davanti alla sua gioielleria nel rione Bovisa. Gli spararono mentre usciva dal negozio assieme al figlio: il gioielliere fece in tempo ad estrarre la pistola e a far fuoco, ma non a salvarsi. Suo figlio, poco più che adolescente, invece si salvò. Ma fu ferito alla spina dorsale e rimase paralizzato. Due ore dopo, alle 18 fu la volta di Lino Sabbadin. Due giovani entrarono nella sua macelleria a Santa Maria di Sala e gli spararono con una calibro 6,35. La colpa di Sabbadin era quella di aver ucciso un rapinatore che due mesi prima era entrato nella macelleria. Il ’79 dei Pac non era ancora finito: il 19 aprile fu la volta di Andrea Campagna, agente della Digos milanese, uno «sbirro». Uno sconosciuto si avvicinò al poliziotto appena 25enne in via Modica, nel quartiere della Barona, e sparò.

Gli intellettuali francesi che difendono uno del genere (intellettuali, si fa per modo di dire, a parte una giallista, per il resto si tratta di pseudo-filosofi noti per un uso ampio del pressapochismo quando si tratti di realtà, e di razionalità) non sanno neanche che Battisti ha ricevuto i favori della legge Mitterand in qualità di collaboratore dei servizi segreti francesi per svelare i suoi contatti coi terroristi internazionali.

Che pena questa Francia finto liberal
Elena pasquinelli

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